Tutti i giorni ormai sentiamo parlare di Smart Working, dei suoi vantaggi, degli svantaggi, delle diverse modalità applicative e dei risvolti sociali di questa innovativa modalità di lavoro che, in alcuni suoi aspetti, così forzatamente ci è stata imposta dalla pandemia da Covid-19.
Sempre la pandemia da Covid- 19 ha costretto il Governo Italiano all’introduzione di importanti misure agevolative, a partire dal 2020, al fine di contrastare gli effetti economici negativi innescati dai “lock-down” che si sono susseguiti nel corso dei mesi.
Ebbene, oggi vogliamo soffermarci sull’applicabilità di una di queste misure introdotte nell’ultimo anno, denominata “Decontribuzione Sud”, quando si adopera lo Smart Working quale modalità di lavoro.
Ma che cosa è lo Smart Working?
Il Lavoro Agile (o Smart Working) viene per la prima volta introdotto nell’ordinamento Italiano con l’articolo 18 della Legge 81/2017 e nel quale viene così definito: Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato […] con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Detto in altre parole, si tratta di una modalità organizzativa della prestazione di lavoro che ragionando in termini di obiettivi, vuole “svincolare” i lavoratori dai canonici orari di lavoro (es. 09:00 – 18:00) e soprattutto dal luogo di lavoro, potendosi svolgere ove il lavoratore preferisce.
Dunque in Smart Working il luogo fisico dal quale prestare la propria attività lavorativa può essere stabilito dal lavoratore in maniera arbitraria, senza possibilità di ricevere precisi vincoli da parte del datore di lavoro.
Che cosa prevede la misura denominata Decontribuzione Sud?
Introdotta prima dal decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 per l’anno 2020 e poi estesa fino al al 31 dicembre 2029 dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), si tratta di un’importante misura che prevede la decontribuzione INPS per i rapporti di lavoro dipendente a condizione che la sede di lavoro (l’unità operativa presso cui sono denunciati in Uniemens i lavoratori) sia collocata in una delle seguenti regioni (circolare INPS 22 febbraio 2021, n. 33): Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La percentuale di contribuzione datoriale sgravabile è pari:
- al 30% fino al 31 dicembre 2025;
- al 20% per gli anni 2026 e 2027;
- al 10% per gli anni 2028 e 2029.
Si tratta pertanto di una imponente misura agevolativa che ha come obiettivo quello di dare un sostegno alle aziende che operano nelle regioni svantaggiate, individuate dalle norme stesse, al fine di aumentarne la competitività nonché di incentivare la nascita di nuove.
Alla luce di ciò, dunque, cosa succederebbe se un lavoratore inizialmente assunto presso una delle sedi di lavoro oggetto della decontribuzione sud, successivamente stipulasse un accordo di Smart Working con l’azienda e decidesse di spostare il proprio domicilio lavorativo in una regione diversa (o magari anche all’estero) da quelle oggetto della misura? All’azienda spetterebbe ancora la misura?
Per rispondere a queste domande, occore fare preventivamente una disamina della normativa esistente e/o assimilabile.
La circolare INPS 22 febbraio 2021, n. 33 , all’articolo 2.3, illustra le modalità applicative di Decontribuzione sud per una categoria di lavoratori che presta la propria attività in un luogo potenzialmente diverso da quello di assunzione, i Lavoratori marittimi: Considerato che l’esonero trova applicazione solo laddove il datore di lavoro abbia una sede legale o operativa nelle regioni svantaggiate, con riferimento ai lavoratori marittimi, categoria gente di mare ai sensi dell’articolo 115 del codice della navigazione, tenuti a svolgere la propria attività lavorativa a bordo delle navi, si precisa che le imprese armatoriali possono beneficiare dell’esonero contributivo in argomento per i lavoratori marittimi che siano imbarcati su navi iscritte nei compartimenti marittimi ricadenti nelle regioni svantaggiate, alla luce del criterio già utilizzato dal legislatore nel comma 6-bis dell’articolo 1 del decreto-legge 29 giugno 1984, n. 277, inserito dalla legge di conversione 4 agosto 1984, n. 430, che aveva esteso lo sgravio contributivo nel Mezzogiorno di cui all’articolo 59 del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, alle imprese di navigazione “per i marittimi componenti l’equipaggio di navi iscritte nei compartimenti marittimi ubicati nei territori del Mezzogiorno”.[…] Tale criterio, quindi, è coerente con la ratio degli articoli 27, comma 1, del decreto-legge n. 104/2020 e 1, comma 161, della legge di bilancio 2021, che è quella di dare un sostegno alle aziende che operano nelle regioni svantaggiate, individuate dalle norme stesse.
Quindi a ben vedere sembrerebbe che non rileva il luogo di svolgimento della prestazione di lavoro, ma il luogo di assunzione, così come confermato nella stessa circolare l’INPS all’articolo 2.2 in riferimento ai lavoratori in somministrazione stabilisce che […] che il beneficio in esame non è riconoscibile allorquando il lavoratore in somministrazione, pur svolgendo la propria attività lavorativa in unità operative dell’azienda utilizzatrice ubicate nelle aree svantaggiate, sia formalmente incardinato presso un’Agenzia di somministrazione situata in una regione diversa da quelle ammesse a usufruire dello sgravio, in quanto, ai fini del legittimo riconoscimento della decontribuzione, rileva la sede di lavoro del datore di lavoro e non dell’utilizzatore. Pertanto, in forza delle suddette disposizioni, il beneficio in esame non è stato riconosciuto allorquando il lavoratore in somministrazione, pur svolgendo la propria attività lavorativa in sedi produttive/operative dell’azienda utilizzatrice ubicate nelle aree svantaggiate, sia formalmente incardinato presso un’agenzia di somministrazione situata in una regione diversa da quelle ammesse a fruire della decontribuzione.
Ma successivamente la stessa INPS con Messaggio n° 1361 del 31-03-2021, recependo le indicazioni ricevute da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, modifica l’intereprezione data alla Circolare INPS 22 febbraio 2021, n. 33 precisando che: […]in considerazione della ratio sottesa alla Decontribuzione Sud, consistente nel favorire la stabilità occupazionale nelle aree svantaggiate, nelle ipotesi in cui l’attività venga svolta mediante un rapporto di somministrazione, la sede di lavoro rilevante ai fini del riconoscimento della decontribuzione deve essere individuata nel luogo di effettivo svolgimento della prestazione. Pertanto, qualora il lavoratore svolga la propria prestazione lavorativa presso un utilizzatore ubicato nelle regioni del Mezzogiorno, il beneficio in trattazione può essere riconosciuto a prescindere da dove effettivamente abbia sede legale o operativa l’Agenzia di somministrazione. Viceversa, qualora il lavoratore sia dipendente di un’Agenzia di somministrazione che abbia sede legale o operativa in regioni del Mezzogiorno, ma svolga la propria prestazione lavorativa presso un utilizzatore ubicato in regioni differenti, il beneficio non può essere riconosciuto.
Questa nuova interpretazione sembrerebbe pertanto modificare l’iniziale assunto che a rilevare sia la sede di assunzione e non il luogo di svolgimento della prestazione.
In realtà tale interpretazione è la conseguenza di una norma ben specifica (articolo 31, comma 1, lettera e), del D.lgs 14 settembre 2015, n. 150) la quale prevede che il costo del lavoro effettivamente sostenuto dall’Agenzia di somministrazione (quindi, eventualmente comprensivo di maggiorazioni contributive ovvero oggetto di decontribuzione) va sempre trasferito in capo all’azienda utilizzatrice e i relativi benefici economici legati all’assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro stipulato a scopo di somministrazione devono essere sempre imputati all’utilizzatore.
Alla luce di quanto sopra, proviamo ora a rispondere alle nostre iniziali domande.
Il lavoratore che svolge la propria attività lavorativa in modalità Smart Working, in fase assuntiva, stabilisce la propria relazione organica con la sede operativa aziendale individuata nel contratto di lavoro e nel modello Unilav e pertanto rientra nei flussi di denuncia Uniemens della sede INPS in cui si trova la sede operativa.
A nostro parere duqnue a nulla rileva un successivo spostamento di domicilio del lavoratore dal quale erogare la propria prestazione lavorativa, essendo il caso assimilabile a quanto disposto per i lavoratori marittimi.
Ma attenzione, il fine della norma, come detto, è quello di dare un sostegno alle aziende che operano nelle regioni del sud e di incentivare stabilmente le assunzioni nelle aree geografiche definite “svantaggiate”, e sebbene non esplicitamente vietato, al fine di evitare effetti “elusivi”, sconsigliamo di procedere ad assunzioni, nelle sedi aziendali oggetto della misura agevolativa, di lavoratori residenti in regioni non oggetto di Decontribuzione Sud, per poi “modificare” artificiosamente il luogo di svolgimento della prestazione attraverso un contratto di Smart Working ed ottenendo in tal modo il risultato che il lavoratore di fatto non si sia mai spostato dalla sua regione di residenza ma sia stato assunto su una sede diversa (da quella che avrebbe avuto in assenza di Decontribuzione), al sol fine di ottenere il beneficio, e distorcendo così il fine normativo con il rischio concreto di incorrere in azioni di recupero della contribuzione non versata, da parte dell’INPS.
Braganò & Partners
Studio Associato di Consulenza del Lavoro, Organizzazione ed HR Management
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